Un mese. Tanto è passato da quando il Torino è riuscito a “espugnare” quello che dovrebbe essere il suo stadio amico: l’Olimpico. Era il 16 gennaio, Glik e compagni battevano per 4-2 un Frosinone combattivo, ma non brillante, e conquistavano tre punti che ben facevano sperare per il futuro. Un futuro che, però, si è rivelato davvero meno roseo del previsto. L’arrivo di Immobile ha cambiato volto, e rendimento dell’attacco, certo: ma non ha fatto modificare il trend del Torino in casa, che, nel suo complesso, è rimasto fortemente negativo.

 

Prima del Frosinone, infatti, bisogna risalire di circa due mesi per vedere altri tre punti conquistati all’ombra della Mole: 28 novembre, Torino-Bologna 2-0. E prima ancora, altri due: Torino-Palermo 2-1, a fine settembre. Morale della favola, in campionato, negli ultimi cinque mesi, i granata in casa hanno vinto solo tre volte (su cinque: otto sono in generale le vittorie finora consegute). Nel mezzo, tante gare difficili, a volte sfortunate, a volte soltanto – ma il dato è comunque allarmante – noiose.

 

È come se la carica dell’Olimpico, che davvero mai è latitata, non riuscisse ad arrivare alla squadra, che resta come sorda agli simoli che arrivano dagli spalti. Giacché di stimoli, e non di pressioni, tocca parlare: emblematico è proprio il caso di Torino-Carpi, dove ventitremila persone hanno voluto dare il massimo sostegno a una squadra in crisi e in un incontro non certo di cartello. Fischiando, nemmeno troppo sonoramente, e certamente non contestando, lo spettacolo visto in campo. E se da un lato, è vero, i fischi possono eventualmente mettere pressione; dall’altro, i cori non possono che caricare. E l’incitamento, in questa stagione, raramente è mancato.

 

Contando anche i pareggi, sono 19 su 31 conquistati tra le mura amiche, quando nelle stagioni precedenti, a fine campionato, furono in totale 31 (2014/2015) e 33 (2013/2014) quelli ottenuti nell’arco di tutta la stagione. Una distanza che, a oggi, appare lund dall’essere colmata. Provarci, però, è un dovere. Perché perdere l’appoggio dell’ambiente sarebbe il fallimento più grosso di tutti.

 


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La rassegna stampa del 23 febbraio 2016